Le interviste ai finalisti: “La piuma del ghetto” di Antonello Capurso

Intervista ad uno dei cinque finalisti della quinta edizione del Premio Invictus: La piuma del ghetto di Antonello Capurso per Gallucci Editore.

Perché ha sentito l’esigenza di scrivere questo libro?

Avevo già scritto e portato in teatro la storia incredibile di Leone Efrati, un pugile ebreo degli anni trenta del secolo scorso, di cui si era persa completamente la memoria. La rappresentammo in teatro, a Roma, con il titolo “L’uragano” due giorni prima che il Paese chiudesse per Covid. La clausura forzata è stata l’occasione per cimentarsi anche con il romanzo. Allora non immaginavo che ci sarebbero poi voluti tre anni di ricerche, ricostruzioni, testimonianze, archivi, ma più si andava avanti con la scrittura di quegli avvenimenti rocamboleschi che abbracciano gli anni che vanno dal 1935 al 1947, più l’esigenza di scrivere questa storia, unica nel suo genere, coincideva con la sensazione che si trattava della scelta giusta.

Un aggettivo che qualifica la sua opera?

Rispondo con tre domande, che sono anche tre speranze: avvincente? Emozionante? Appassionata?

Questo concorso rende finalmente giustizia alla letteratura sportiva, spesso poco considerata?

La letteratura sportiva, con il suo mondo così ricco di imprese e di storie straordinarie, ha una grande tradizione. E’ vero però che oggi Ernest Hemingway o Osvaldo Soriano appaiono come eccezioni nel grande campo della manualistica, della tecnica, delle interviste ai personaggi famosi, della saggistica, dell’autobiografia. Dopodiché è anche vero che esistono autobiografie di valore letterario, per esempio “Open” di Andre Agassi, che ha avuto uno straordinario successo, ma senza togliere niente a nessuno, poiché ognuno ha un suo ruolo e una sua funzione meritevole, costruire una storia, una trama, disegnare con le parole dei personaggi (anche se realmente esistiti, come nel caso di “La piuma del ghetto”), trovare una chiave per far immedesimare i lettori, è un lavoro diverso. Sappiamo comunque che se il libro riesce ad appassionare, se “funziona”, la letteratura “sportiva” smette di essere tale e l’aggettivo cade: non è più sportiva è solo Letteratura. Con la elle maiuscola.

Il suo libro è nella cinquina finalista del Premio Invictus: sarà il più votato dalla giuria perché…

Perché il Paese ha bisogno di ricordare. Perché per sapere, come comunità di uomini e di donne, dove indirizzare il nostro cammino futuro dobbiamo sapere da dove veniamo e cosa siamo stati, nel bene e nel male. Perché se conosciamo la nostra storia possiamo sperare di avere un avvenire migliore, più consapevole, più responsabile.

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